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  • Immagine del redattoreValentina Ivana Chiarappa

L'antica nuova scienza cabalistica

Pubblicato su "Lux Terrae" nel settembre ottobre 2010


A partire da Pitagora e Platone, passando per i grandi matematici Newton e Leibnitz, fino ai più recenti sostenitori delle teorie subatomiche e multidimensionali, i sorprendenti contenuti scientifici della Kabbalah che hanno ispirato le menti più geniali della storia.


Considerata la reale matrice delle più remote tradizioni religiose e spirituali, occultata alla conoscenza del popolo per circa due millenni e resa disponibile esclusivamente ad un limitatissimo numero di maestri di elevato livello, la Kabbalah giunge a noi grazie ad uno dei testi divulgativi più noti di questa arcaica saggezza: lo Zohar, elaborato dall’autorevole Rabbino Simeon ben Yochai.


La sapienza desumibile dallo studio di tale rilevante strumento di ricerca viene significativamente chiamata “Luce” ed i principi su cui essa si basa erano talmente avveniristici per i tempi in cui la Kabbalah cominciò ad essere diffusa, che l’intimorita classe dei capi religiosi l’etichettò quale misticismo.


Ma sappiamo, come la storia dei progressi scientifici ci insegna, che coloro che in quei lontani tempi venivano reputati mistici, sarebbero oggi collocati nell’esigua cerchia dei grandi scienziati ai quali si devono le incredibili scoperte e conoscenze frutto, non solo di un notevole ingegno, ma anche e soprattutto di un ragguardevole uso delle capacità intuitive.


Queste ultime, potenzialmente presenti in tutti gli esseri umani sono, come spiega lo Zohar, il risultato delle connessioni con la “Luce”, ovvero con il cosiddetto “99%”, il coacervo delle innumerevoli tipologie di appagamento grazie alle quali l’essere umano cerca la felicità, vero motore della sua esistenza.


Ma la “Luce”, intimamente connessa all’intuito, all’attitudine ad attrarre eventi e persone ideali per noi ed al vivere pienamente e con entusiasmo il “qui ed ora” (unico tempo reale), questa “Luce” potrebbe essere efficacemente descritta come “mente corretta”. Per tali sue caratteristiche, la “Luce” non rappresenta, quindi, la fugace soddisfazione derivante da una gioia, per quanto intensa, temporanea, limitata, essa, in realtà, costituisce il solo traguardo al raggiungimento del quale è tesa l’intera esistenza umana, ovvero lo stato di felicità permanente.


La connessione con questa condizione, come afferma la Kabbalah, ci permette di godere di uno stato mentale (la mente corretta) in cui non si sperimentano più i sentimenti limitanti della paura, dell’insicurezza, della preoccupazione e dell’ansia che hanno l’effetto di spostare la nostra attenzione dal tempo presente a quello futuro (sotto forma di aspettative) o a quello passato (sotto forma di condizionamenti).


I regni dell’”1%” e del “99%”

Dalla descrizione che la Kabbalah effettua della “Luce”, in particolare dalla sua peculiarità di essere in ogni luogo nell’Universo, di avere la caratteristica dell’infinità e di essere in grado di creare più di ciò che l’essere umano possa desiderare ed aspettarsi, è possibile realizzare una sorta di correlazione tra questa “sostanza” onnipresente e la “Matrix Divina” definita da Gregg Braden quale:

“… contenitore dell’universo, il ponte che unisce tutte le cose e lo specchio che ci mostra ciò che abbiamo creato.”

In effetti, c’è da chiedersi cosa fa sì che l’essere umano non riesca a vivere costantemente la condizione di felicità profonda derivante dalla continua connessione con la “Luce” che abbiamo visto permeare, in ogni spazio, l’Universo.


E qui entra in gioco il concetto di separazione che la Kabbalah chiama “velo” e che costituisce la causa dell’originarsi di due diversi regni o tipologie di percezione: quello dell’1% e quello del 99%.


Il primo campo di conoscenza (quello dell’1%) è molto ridotto ed è costituito esclusivamente da ciò che possiamo percepire con i nostri sensi ordinari, vetusta affermazione oggi accreditata anche da note teorie scientifiche secondo le quali l’essere umano è in grado di avvertire solo una piccolissima percentuale di tutta la materia che realmente esiste nel Creato. Si tratta del regno nel quale le cause di qualsivoglia evento sono ritenute esterne, casuali, non rispondenti ad alcuna logica di più vasta definizione, ma solo all’imprevedibilità del caos.


In tale circoscritta porzione di realtà percepita, chiamata regno dell’oscurità, essendo presi in considerazione solo gli effetti immediati degli eventi, è proprio su di essi che si focalizzano attenzione, ansia, preoccupazione e da ciò scaturisce la reazione a tali eventi reputati conseguenze di azioni derivanti dall’esterno.


È un paradigma nel quale domina il concetto ed il ruolo di “vittima” svolto dall’individuo, ruolo che presuppone la deresponsabilizzazione dell’individuo stesso e la sua falsa percezione di impotenza, ovvero di impossibilità di generare cambiamenti nella propria esistenza. Conseguenza di ciò è che lo stato mentale dell’1% conduce alla costante insoddisfazione dei propri desideri profondi e ad un apparente raggiungimento temporaneo di alcune mete illusorie e, dunque, ad una condizione di separazione, di sofferenza e di conflitto.


Nell’opposto modello di realtà, quello del 99%, il livello di percezione non è più legato al caotico mondo tridimensionale ma, essendo originata da una consapevolezza molto più profonda, tale percezione è in grado di considerare i piccoli eventi quali elementi inseriti in un più vasto quadro nel quale i parametri della casualità e del disordine non possiedono più alcun significato emergendo, in loro vece, il principio di “causalità”.


Quest’ultimo ci porta a considerare non più la necessità della reazione all’evento esterno, ma l’opportunità dell’azione quale elemento di trasformazione permanente e creativa dell’esistenza. Si tratta del regno dell’ordine incondizionato, della perfezione e della forza spirituale nel quale risiedono i semi, ovvero le origini del mondo tridimensionale.


Si può, dunque, affermare che il 99% costituisca ciò che il noto fisico David Bohm definisce l’”ordine implicato non svolto” ovvero l’infinito contenitore in cui esiste, ad uno stato potenziale, tutto ciò che è suscettibile di divenire fisico, manifesto nella dimensione che l’essere umano percepisce come realtà, ossia il regno dell’1%, l’”ordine esplicato svolto”, secondo la terminologia di Bohm. Nel 99% vi è assenza di separazione, di conflitto ed in esso regna l’appagamento e la pace totali.



Correlazione tra gli arcaici cabalisti e i moderni scienziati

La dicotomia esistente tra il regno dell’1% e quello del 99% rispecchia, in realtà, quella che caratterizza l’approccio alla fisica newtoniana rispetto all’approccio quantistico. Il primo regno rappresenta, infatti, il mondo “classico” in cui ogni cosa esistente risulta essere individualizzata da una forma, da uno spazio e dalla tipologia di materia intrinseca.


L’appellativo del 99% costituisce, invece, un diverso modo di intendere il mondo della fisica subatomica, come affermato dal professor Stuart Hameroff e dal fisico Roger Penrose, entrambi impegnati in uno studio sulle caratteristiche e sulle origini della coscienza umana.


Nell’ambito del mondo subatomico e, dunque, in una dimensione microscopica, tutto sembra perdere i parametri convenzionalmente conosciuti, mostrando comportamenti rispondenti ad inconsuete leggi distanti da quelle reputate finora “naturali”, come dimostrano i due possibili aspetti dell’energia: quello di onda e quello di particella.


Ma gli elementi che mostrano un pregnante parallelismo tra i principi della Kabbalah e le più recenti conoscenze scientifiche sono numerosi e rendono merito alla grande saggezza insita in questa antichissima filosofia. Troviamo traccia nella Kabbalah persino della teoria relativa alla nascita dell’Universo, nota come “Big Bang”.


I fisici del XX secolo affermano che una quindicina di miliardi di anni fa, prima che l’Universo avesse origine, non esisteva nulla, né sussistevano i parametri spazio-temporali a noi così noti. Tutto iniziò da un preciso punto di ridottissime dimensioni, all’interno del quale era contenuto, a concentrazioni e temperature inimmaginabili, tutto lo spazio, il tempo e la materia esistente nel Creato. L’esplosione di questo punto scatenò un’energia di potenza pazzesca viaggiante alla velocità della luce che, condensandosi poi in materia, dette origine all’Universo così come lo conosciamo. Ciò fornisce anche una valida spiegazione del costante allontanamento esibito dal movimento delle stelle, quale residuo dell’enorme spinta attribuita loro dall’esplosione iniziale.


È interessante notare la similarità della precedente descrizione scientifica della Creazione con quella realizzata dal cabalista Rabbino Isaac Luria del XIV secolo:

“L’universo fu originato dal nulla da un unico punto di luce. Questo nulla è chiamato il Mondo Senza Fine. Il Mondo Senza Fine era colmo di Luce infinita. La Luce poi si contrasse in un unico punto originando uno spazio primordiale. Al di là di questo punto non si conosce nulla. Dunque tale punto è chiamato l’inizio. Dopo essersi contratto, il Mondo Senza Fine emanò un raggio di luce. Questo raggio, poi, si espanse. Tutta la materia ebbe origine da quel punto.”

L’astrofisico Bernard Haisch, a proposito della stupefacente capacità della Kabbalah di descrivere con millenni di anticipo ciò che la ricerca scientifica sta ancora oggi tentando di spiegare, fa esplicito riferimento alla correlazione esistente tra la “Luce”, più volte menzionata nella Kabbalah in relazione alla Creazione, ed il campo magnetico punto zero, ovvero l’iniziale coacervo universale di luce quantica descritto dallo stesso Haisch.


Non di meno, gli originari cabalisti, già più di due millenni fa, esponevano dettagliatamente la struttura delle dieci dimensioni dell’Universo, oggi conosciuta come Teoria delle superstringhe, nella quale sei di esse si sono riunite in una (il regno del 99%), mentre le restanti quattro caratterizzano la nostra realtà, esattamente come affermato dal professor Michio Kaku noto sostenitore di tale teoria.


Probabilmente, questi significativi nessi spiegano la circostanza, conosciuta a pochi, consistente nel fatto che molti rilevanti pensatori del calibro di Pitagora e di Platone, nonché brillanti scienziati, in particolare dal XVII secolo in poi, quali Newton e Leibnitz furono grandi studiosi ed estimatori della Kabbalah ed hanno da essa tratto spunti creativi ed illuminanti.

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